Terapia con Fibrolisi: cos'è e a cosa serve

La fibrolisi è una metodica fisioterapico messa in atto negli anni ‘80 da Kurt Elkman. Per l’attuazione della tecnica, il terapista si avvale di fibrolisori che sono degli attrezzi metallici o plastici di varie forme e curvatura.

Come sappiamo le posture ed i movimenti errati di tutti i giorni possono portare a rigidità muscolari, tensioni che sono causa di dolori e stati infiammatori spesso cronici.

La stessa attività fisica mette i muscoli sotto stress determinandone, durante l’atto atletico, un peggiore scorrimento, dolori, affaticamenti e rischio di lesioni.

Queste, una volta riconsolidate, sono sostituite da tessuto cicatriziale meno elastico.

Tutte queste condizioni in parte patologiche sono trattabili e risolvibili con la pratica della Fibrolisi.L’obbiettivo della tecnica è di scollare le masse muscolari consentendo un migliore scorrimento delle stesse tra loro.

Il fibrolisore consente di arrivare in profondità dove le dita non giungono. Facilita lo scollamento delle fibre muscolari e la riduzione delle tensioni dovute a cicatrici muscolari e cutanee (per interventi o traumi).

La tecnica prevede una serie di movimenti specifici. Non è indolore e spesso si possono avere dei risentimenti il giorno seguente, ma i risultati sono piuttosto rapidi.


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Crampi, contratture, stiramento muscolare e strappi

Differenze tra stiramento muscolare, crampi, contratture e strappi

Quali sono le cause di questi dolorosi problemi muscolari?

Vediamo da che dipendono, come riconoscerli, come prevenirli e curarli con fisioterapia ed esercizi.

 

I crampi

Il crampo è una contrazione involontaria ed intensa di uno o più muscoli.

La contrazione, sempre piuttosto dolente, può durare da pochi secondi a diversi minuti e spesso non si presenta come evento unico e bisogna fare attenzione ai movimenti che si fanno perché potrebbe ripresentarsi più volte (anche se con intensità minore) prima di sparire del tutto.

I muscoli maggiormente colpiti sono:

  • polpaccio
  • quadricipite
  • i flessori della gamba (bicipite femorale, semitendinoso, semimembranoso)

I crampi possono colpire anche muscoli della mano, del piede, dell'addome e della schiena.

Cause: Perché vengono i crampi

Non esiste una causa unica, andiamo ad elencare le motivazioni principali che determinano la comparsa di un crampo:

  • allenamenti intensi con temperature ambientali molto elevate. Questo perchè si può andare incontro a disidratazione e perdita dei sali minerali (potassio, magnesio e calcio) con conseguente spasmo muscolare
  • esercizi anaerobi che, in un fisico non allenato, portano ad un impoverimento di ossigeno muscolare ed aumento degli scarti metabolici
  • affaticamento muscolare che si presenta quando l'esercizio è troppo intenso o se la persona non è allenata
  • carenza di stretching. Questo consente un allungamento delle fibre muscolari con conseguente miglior contrazione durante lo sforzo fisico.

Esistono poi delle cause più gravi legate ad alterazioni metaboliche, ormonali, all'uso di farmaci, ad alterazioni vascolari (aterosclerosi o arteriosclerosi), a compressione delle strutture nervose o a patologie più complesse come la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

Predisposizione ai crampi

Esistono delle categorie di persone maggiormente predisposte ai crampi:

  • neonati;
  • persone oltre i 65 anni;
  • atleti, soprattutto quelli che svolgono sport di resistenza e soprattutto se non effettuano un adeguato riscaldamento e non si idratano bene;
  • anziani, a causa della riduzione della massa muscolare.

Prevenzione e trattamento dei crampi muscolari

Per prevenire la comparsa di crampi, bisogna cercare di svolgere costantemente attività fisica affinché la muscolatura sia allenata ad effettuare degli sforzi.

Bisogna sempre effettuare un adeguato riscaldamento (tenendo in considerazione la temperatura esterna ed il tipo di sforzo da dover effettuare).

Bisogna idratarsi costantemente in modo che il muscolo non vada in affaticamento, ed eventualmente integrare dei sali minerali e degli amminoacidi per favorire ilò recupero muscolare.

Alla fine di ogni seduta di allenamento è importante effettuare dello stretching sia dei muscoli maggiormente predisposti ai crampi, sia si tutti quelli che sono stati sottoposti a sforzo.

Rimedi per i crampi, come intervenire nell'immediato:

  • metterlo in allungamento fino alla scomparsa della contrazione
  • interrompere l'attività che si stava svolgendo.
  • applicare calore se il muscolo è teso e contratto o ghiaccio se molto dolente.
  • applicare eventuale fasciatura contenitiva.

 

Contrattura

La contrattura ha diversi aspetti in comune con il crampo, ma in realtà è ben diversa.

Vediamo le differenze tra contratture e crampi.

La contrattura è una contrazione involontaria, persistente e dolente di uno o più muscoli scheletrici e determina un rigonfiamento ed indurimento delle strutture coinvolte. L'indurimento del polpaccio ad esempio potrebbe essere un sintomo di contrattura (ma anche di semplice crampo al )

La contrattura muscolare può avvenire per fattori meccanici o metabolici e rappresenta il preavviso di un eccessivo sforzo muscolare o di un eccessivo sovraccarico funzionale. Rappresenta quindi una difesa per il corpo, costringendo l'individuo ad interrompere l'attività.

Cause: perché si presenta la contrattura

La contrattura rientra nel gruppo delle lesioni muscolari rappresentando il livello più lieve.

Le cause del muscolo contratto possono essere così elencate:

  • scarso riscaldamento,
  • scarsa preparazione fisica,
  • svolgimento di attività a cui il fisico non è abituato,
  • sforzi troppo violenti ed intensi,
  • presenza di problemi posturali, muscolari e squilibri.

Prevenzione e trattamento delle contratture

Dopo aver analizzato le cause, la prevenzione la si può effettuare andando ad analizzare la presenza di eventuali squilibri posturali; effettuando un adeguato riscaldamento e cercando di preparare bene il fisico prima di effettuare sforzi eccessivi. bisogna concedersi i giusti tempi di recupero sia dopo un allenamento intenso, sia dopo periodi di malattia e stare attendi alle condizioni ambientali.

La contrattura spesso è solo sintomo di un piccolo affaticamento muscolare, facilmente risolvibile, ma potrebbe anche essere una maggior difesa fisica per una elongazione di alcune fibre. Dopo aver constatato che si è di fronte ad una semplice contrattura, il trattamento prevede:

  • riduzione dell'attività per almeno 3/7 giorni, con svolgimento di esercizi o sport in cui quella componente muscolare non sia coinvolta;
  • esercizi di stretching graduali;
  • applicazione di terapie iperemiche (tecar, ipertermia);
  • massaggi decontratturanti non eccessivamente profondi (per non incorrere in lesioni).
  • l'uso di antinfiammatori se proprio indispensabile.

Se vuoi saperne di più sulla tecarterapia e dove farla a Roma, visita la pagina dedicata alla Tecar

 

Stiramento muscolare

Lo stiramento o elongazione muscolare è uno sfilacciamento delle fibre muscolari. Questo è un vero e proprio danno anatomico (risolvibile) che altera il tono del muscolo.

Anche lo stiramento, come la contrattura e lo strappo, fa parte delle lesioni muscolari.

I sintomi degli stiramenti muscolari sono:

  • sensazione di puntura, 
  • sensazione di pugnalata,
  • bruciore del muscolo.

La persona avverte una sensazione di puncicapa, pugnalata, bruciore. Il dolore è piuttosto acuto e spesso accompagnato da uno spasmo di difesa del muscolo.

Annoveriamo anche la presenza di una casistica di persone che ha sintomi molto lievi che non farebbero pensare ad uno stiramento. In questi casi un'ecografia potrebbe essere risolutiva per inquadrare il problema.

Gli stiramenti più frequenti avvengono alla muscolatura degli arti (spesso sentiamo parlare infatti di stiramento del polpaccio, stiramento flessori, stiramento al gluteo o alla spalla), ma sono molto frequenti anche stiramenti alla schiena e stiramenti addominali.

Cause: come avviene lo stiramento muscolare

Lo stiramento avviene principalmente in chi pratica sport perchè sottopone i muscoli a sforzi ed allungamenti eccessivi; ma può presentarsi frequentemente anche in chi svolge lavori pesanti.

Le cause sono:

Prevenzione, tempi di recupero e trattamento dello stiramento

Come si può prevenire lo stiramento muscolare:

  • effettuare un buon riscaldamento e stretching,
  • avere una preparazione fisica adatta allo sforzo che si vuole effettuare,
  • difendersi da eventi ambientali con abbigliamento adeguato,
  • prendersi il giusto riposo,
  • seguire un'alimentazione adeguata allo sport e corretta negli alimenti che si assumono,
  • correggere squilibri posturali.

Differenza contrattura e stiramento nel trattamento

Il trattamento dello stiramento muscolare risulta più lungo rispetto ad una contrattura, con uno stop che può arrivare alle 2-3 settimane.

I primi 3-7 giorni è meglio intervenire con:

  • riposo
  • ghiaccio
  • benda compressiva su tutto il muscolo.

Questo serve a ridurre la formazione di versamento e diminuire le sollecitazioni meccaniche.

Nell'arco delle 2-3 settimane di stop, il muscolo riorganizza il tessuto lesionato, formato tessuto connettivo cicatriziale che serve a ricreare continuità tra le fibre sfilacciate. In questo arco di tempo si può intervenire con terapie fisiche per aiutare il processo di recupero:

Lo svolgimento di massaggi può essere effettuato senza provocare dolore sulla zona della lesione.

  

Strappo muscolare

Lo strappo è la lesione più grave a livello muscolare.

La differenza tra stiramento e strappo muscolare è che quest'ultima è caratterizzata da una rottura delle fibre muscolari.

La persona avverte una forte "schicchera", con bruciore. Spesso si riferisce la sensazione che qualcuno abbia dato una botta o una sassata sul muscolo leso.

Lo strappo muscolare al polpaccio e gli strappi addominali, sono tra i più frequenti e fastidiosi.

Lo strappo si divide in tre gradi di lesione:

  • PRIMO GRADO:
    la lesione è minima, massimo il 5% delle fibre. C'è un modesto fastidio e la persone riesce a svolgere tutte le attività senza troppo dolore.
  • SECONDO GRADO:
    la lesione prende più fibre determinando maggiore dolenzia nella persona. Ci può essere un evidente versamento, il muscolo è molto teso e dolente al tatto. C'è una riduzione nella capacità di allungamento e di sforzo.
  • TERZO GRADO: l
    a lesione coinvolge tante fibre al punto che si presenta una impotenza funzionale. La persona deve immobilizzare la parte ed il dolore si presenta anche a riposo. i tempi di recupero sono molto lunghi e si può incorrere in un intervento chirurgico.

Le cause: perché si verifica uno strappo muscolare

Le cause di uno strappo sono simili a quelle di uno stiramento però con conseguenze maggiori:

  • scarso allenamento,
  • scarso riscaldamento,
  • movimenti bruschi e violenti,
  • errato svolgimento del gesto atletico,
  • contrasto con un avversario,
  • uso di abbigliamento non idoneo.

Prevenzione, tempi di recupero e trattamento degli strappi

La prevenzione si effettua evitando di fare ciò che è elencato nelle cause.

Lo strappo può portare ad una alterazione funzionale con immobilizzazione della parte.

La terapia prevede un iniziale trattamento con ghiaccio, una fase di riposo ed infine la fasciatura di contenimento.

Le differenze con lo stiramento sono anche nei tempi di recupero: nel caso di lesioni lievi sono simili allo stiramento, ma sono invece molto più lunghi nel caso di lesioni gravi.

I tempi di pieno recupero dopo uno strappo, prima di tornare all'attività, vanno dalle 2-3 settimane dei casi più lievi, ai 2-3 mesi nei casi più gravi.

Bisogna sempre calcolare che rispetto allo stiramento, dove il ritorno nel pieno dell'attività è piuttosto rapido, lo strappo prevede dei tempi di recupero più graduali per evitare recidive.

Le terapie adatte al trattamento di crampi, contratture e strappi:

Per facilitare il recupero esiste anche la possibilità do effettuare delle infiltrazioni di acido ialuronico o PRP (plasma ricco di piastrine) direttamente sulla zona della lesione.

Fisioterapia a Roma per contratture stiramenti e strappi

Il nostro centro di Fisioterapia a Romaè specializzato in fisioterapia sportiva, il nostro team è infatti composto da fisioterapiasti esperti ed attivamente coinvolti  in diversi settori sportivi.

Nella sezione Terapie, puoi vedere tutti i servizi disponibili nel nostro studio di Roma, come ad esempio la tecarterapia, la laserterapia, la massoterapia e gli ultrasuoi, adatti al trattamento degli strappi  e delle contratture muscolari.

Il nostro centro è inoltre convenzionato con molti enti ed assicurazioni operanti nel territorio nazionale; è quindi possibile fare fisioterapia in convenzione senza le lunghe attese del SSN.


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Dito a scatto

Cos'è il dito a scatto e quali sono i trattamenti possibili

Il dito a scatto è una patologia caratterizzata da una forte infiammazione dei tendini flessori delle dita della mano.

Questa infiammazione coinvolge soprattutto il dito medio e l’anulare e può rendere inabili all’uso degli stessi.

L’infiammazione colpisce  la guaina sinoviale che avvolge il tendine flessore del dito coinvolto.

Il rigonfiamento della guaina determina una difficoltà nello scorrimento del tendine al suo interno in quanto si genera un eccessivo attrito. Questo attrito causerà lo “Scatto” che può essere più o meno dolente e che può evolvere in un blocco del movimento.

Le dita più soggette a questo tipo di patologia sono, in ordine, il pollice, l'indice ed il medio. Alcune volte questa sindrome può colpire anche il mignolo.

Dito A Scatto

I sintomi del dito a scatto: come si riconosce

  • gonfiore
  • dolore
  • scatto
  • blocco articolare

La patologia può evolvere da uno stadio lieve ad uno molto grave.Nella prima fase si ha fastidio, lieve gonfiore e la mobilità del dito migliora e peggiorare a momenti.

Essendo una tenosinovite, con il movimento ed il riscaldamento del tendine i sintomi migliorano. Con l’evolversi della patologia neanche con l'aiuto del movimento movimento si percepisce un miglioramento,  finché il dito arriva a bloccarsi definitivamente.

Rimedi e trattamento del dito a scatto

Il trattamento, come la sintomatologia, varia in base allo stadio.

In fase iniziale si dovrebbe cercare di evitare sforzi eccessivi (come portare buste della spesa), ma nel caso non si potesse evitare è utile bloccare il dito con dei tutori appositi così da non stressarlo troppo.
È importante effettuare costantemente un allungamento delle dita, del polso e dell’avambraccio. 

Perché rivolgersi ad un fisioterapista?

L’importanza di rivolgersi ad un Fisioterapista sta nel fatto che può consigliare i giusti esercizi e mostrare i corretti movimenti da fare così da non incorrere in attività sbagliate o non funzionali

Il Fisioterapista può anche intervenire attivamente con tecniche quali massoterapia e fibrolisi per cercare di eliminare le tensioni muscolari su braccio ed avambraccio e le aderenze del tendine.

L’intervento del Fisioterapista è importante anche nel caso si debbano applicare terapie fisiche e nel caso si debba fare l’intervento e seguire un percorso di recupero postchirurgico.

A questo proposito puoi scoprire di più sull'importanza dei trattamenti fisioterapici sulle cicatrici, in questo precedente articolo: "Cicatrici: trattamento in Fisioterapia"

Terapie fisiche per la cura del dito a scatto

Seguendo quelle che sono le prescrizioni del medico, altre terapie utili a ridurre la condizione infiammatoria sono:

  • Laser terapia
  • Ultrasuoni
  • Tecarterapia.

Queste devono essere applicate sin dai primi sintomi e con un buona frequenza settimanale affinché la condizione infiammatoria non peggiori. In molti casi la loro applicazione in condizioni troppo avanzate, non porta a grandi risultati. 

Maggiori info sulle terapie con tecniche manuali a Roma

Si ritiene sempre utile aspettare almeno 3/4 settimane prima di valutare che risultati si sono ottenuti.

In caso di peggioramento, si consiglia una visita specialistica. 

Spesso vengono prescritti dal medico farmaci antinfiammatori o addirittura infiltrazioni.

L'intervento chirurgico per il dito a scatto: Nei casi più gravi è l’unica soluzione per il dito bloccato

Questo deve essere seguito da un buon percorso Fisioterapico.

Essendo una zona delicata, si prescrive sempre lo svolgimento di una adeguata terapia sia con macchinari che con terapia manuale che aiuti a recuperare la piena elasticità del tendine, evitando che si creino aderenze cicatriziali e riduzioni della mobilità.

A chi rivolgersi per curare il dito a scatto a Roma

Presso il nostro centro di Fisioterapia e Osteopatia di Roma, situato in zona Montesacro Alta (zone limitrofe: Talenti, Nomentano, Etruria), è possibile trovare personale specializzato nel trattamento del dito a scatto, sin dai primi sintomi e fino ad eventuale trattamento di riabilitazione motoria post operatoria.


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Epicondilite (Gomito del Tennista)

Fibrosi muscolare

Cos'è la fibrosi muscolare

La Fibrosi Muscolari è uno stato patologico del muscolo. Questa si manifesta dopo un trauma più o meno intenso o se in presenza di gravi patologie come la Distrofia o Atrofia muscolare.

La fibrosi può essere reperibile al tatto come una zona più rigida, meno elastica, ma solo nella zona dove si ha avuto una lesione, altrimenti si percepiscono piccole contratture o tensioni dovute al costante stress e sforzo a cui sottoponiamo i nostri muscoli.

Le lesioni muscolari più gravi (strappi di grado elevato) evolvono sicuramente in Fibrosi perchè il fisico non è in grado di rigenerarle, ma le lesioni di grado inferiore (stiramenti, affaticamenti), se ben curate, hanno la possibilità di tornare alla normalità con la formazione di nuove miofibrille muscolari.

La risposta ad un infortunio muscolare prevede tre fasi principali:

  • degenerazione (1-3 gg)
  • rigenerazione (3-4 settimane)
  • rimodellamento (3-6 mesi).

La Degenerazione consiste nella necrosi delle fibre muscolari lesionate.

In questa fase, l'introduzione di proteine plasmatiche (come la fibrina reticolare ed i fibroblasti) inducono la deposizione di collagene per la formazione di un'iniziale ECM (extracellular matrix of skeletal muscle).

Questa matrice extracellulare è costituita da due elementi:

  • la lamina basale formata da ( IV collagen, laminin, and heparan sulfate proteoglycans )
  • la matrice interstiziale formata da ( collagen I, III, and V, fibronectin and perlecan )

Questa matrice è transitoria e fa da tramite all'immissione delle cellule infiammatorie (neutrofili e macrofagi) ed ha il ruolo di supporto meccanico e direzionale per il rigenerarsi di nervi, vasi e miofibrille muscolari.

La fase Rigenerativa è caratterizzata dalla proliferazione di cellule satellite essenziali alla formazione di cellule miogene dette "Mioblasti". I mioblasti presentano dei fattori di trascrizione miogenici che consentono la rigenerazione delle miofibrille muscolari fino ad entrare nella fase di rimodellamento del muscolo.

Il rimodellamento prevede la maturazione delle nuove miofibrille fino a renderle elementi contrattili. Questa fase si considera terminata con la riorganizzazione dell'ECM che consente una adeguata rivascolarizzazione e reinnervazione dell'area lesionata.

Questo è il processo fisiologico di riorganizzazione del muscolo dopo una lesione, ma allora come e quando si forma la Fibrosi?

Come e quando si forma la Fibrosi

Come è stato prima descritto, la deposizione della matrice extracellulare (ECM) è attivato da proteine plasmatiche come i fibroblasti ed i miofibroblasti. Tra le proteine che vengono prodotte dai miofibroblasti e che costituiscono l'ECM ci sono: fibronectin, tenascin-C, collagen type I e type III. Una corretta produzione dei collageni determina un aumento della resistenza alle trazione del tessuto cicatriziale che sarà in grado di guarire del tutto come nel caso di lesioni acute. In questi casi i miofibroblasti scompaiono per apoptosi dopo la chiusura della ferita.

Nel caso di lesioni croniche distrofie, atrofie,ecc.) c'è un persistere dell'infiammazione. I miofibroblasti non muoiono e continuano a produrre le proteine costituenti l'ECM,la zona di lesione sarà ancora occupata da cellule immunitarie (neutrofili e macrofagi) e si crea una struttura cicatriziale patologica (Fibrosi). Questa non consentirà lo svilupparsi delle nuove miofibrille ed il muscolo rimarrà meno elastico con un alto rischio di andare incontro ad altre lesioni.

TRATTAMENTO della fibrosi

Una volta che la Fibrosi si è instaurata, il muscolo perderà la sua normale elasticità e questo lo renderà più soggetto a dolori e rischi di nuove rotture. per evitare di incorrere in nuove complicazioni si possono svolgere delle terapie che puntano a rendere la fibrosi o cicatrice più elastica, ma non possono eliminarla.

Tra le terapie evidenziamo:

  • Fibrolisi: è una tecnica che punta a rompere la fibrosi con l'uso delle mani, di attrezzi metallici o di legno. Dopo la rottura della stessa, si possono sviluppare ematomi perchè si va a creare una nuova lesione. Per questo dopo la fibrolisi è essenziale accompagnare il paziente verso la piena guarigione con l'applicazione di ghiaccio, tecar, laser e terapie che consentono di rigenerare la vecchia cicatrice in una più elastica ed allungata. Questo consentirà di andare meno incontro a nuovi infortuni.
  • Onde d'urto: queste puntano, come nel caso della fibrolisi, ad elasticizzare la cicatrice senza però creare una rottura della stessa. E' una terapia piuttosto dolente ma con una buona percentuale di efficacia. Anche questa può essere associata a terapie antinfiammatorie come laser ed ultrasuoni.



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Infiammazione dei flessori della gamba del corridore

Infiammazione muscoli flessori gamba


Quali sono e come funzionano i muscoli flessori della gamba

I muscoli flessori della gamba sono 3:

  • bicipite femorale,
  • semimembranoso,
  • semitendinoso.

Originano tutti dalla tuberosità ischiatica, ovvero quella porzione di osso del bacino posizionata sotto al gluteo.

Questi muscoli intervengono molto nella dinamica della corsa.

Muscoli flessori della gamba

A cosa servono

Sono gli antagonisti del quadricipite e servono: 

  • a far flettere la gamba sulla coscia, 
  • ad estendere la coscia rispetto al bacino,
  • intervengono nella fase di molleggio e reattività del piede a terra.


Dove si infiammano?

Spesso i flessori della gamba si infiammano nel punto di origine, sull'ischio, sotto al gluteo.

Dato che originano tutti dallo stesso tendine, questo è sottoposto a grossi carichi in spinta e trazione.

A livello inserzionale invece, si dividono in tre tendini ed inserzioni diverse, distribuendo lo sforzo e il movimento della gamba sulla coscia.

Sintomi dell'infiammazione dei flessori della gamba

I sintomi sono caratterizzati da:

  • dolore sottogluteo, nella zona di inserzione,
  • fastidio a stare seduti su superfici dure,
  • sensazione di gonfiore,
  • fastidio irradiato posteriormente sulla coscia,
  • difficoltà ad allungare la gamba, soprattutto in fase dinamica (corsa, camminata).

Lo stato infiammatorio genera un'ispessimento dei tessuti e questo spiega la sensazione di gonfiore. Questo Ispessimento determina un difficoltoso scorrimento delle fibre che scatena il dolore.

La problematica può durare diversi mesi con fasi di regressione e peggioramento.

Diagnosi comparativa

Questo tipo di dolore viene spesso confuso con la sindrome del piriforme (detto anche falsa sciatalgia), in quanto entrambe danno fastidio nella zona sottoglutea o glutea, con difficoltà a distendere la gamba.

Entrambe, se molto acute, generano fastidio anche a freddo con irradiazione sulla coscia che inizia a tirare.

Altra sindrome con cui viene confuso è la sciatalgia, perché entrambe generano un dolore lungo la coscia, fastidioso, spesso costante. Nella fase dinamica generano entrambe tensione muscolare e difficoltà a distendere l'arto.

Infiammazione dei flessori nel corridore di fondo e nel velocista (la dinamica)

Questa problematica è stata evidenziata sia nel corridore di lunghe distanze, sia nel velocista.

La dinamica e lo stress sono molto diverse.

Nel fondista la problematica può essere collegata ad una dinamica poco elastica in cui la fase di contatto col terreno dura molto più del velocista e spesso vede un appoggio quasi totale del piede con dei costanti contraccolpi.

Il fondista amatore tende spesso a correre "seduto", con poca fase aerea, il passo è corto e la fase di appoggio monopodalico dura molto.

La continua ripetizione del gesto può portare ad un sovraccarico del tendine inserzionale che si infiamma e genera tensioni. 

Il velocista ha invece una importante fase aerea e ha poco contatto col terreno, ma lavora a delle intensità di sforzo maggiore.

Il velocista ricerca sempre la fase di rimbalzo e molleggio del piede a terra (quindi rispetto al fondista, nella fase del passo, spinge la gamba ed il piede verso il basso in modo da sfruttare il rimbalzo e la fase elastica. Il fondista spesso tende a sollevare la gamba usando molto il quadricipite).

La fase elastica è garantita si dal piede e dalla volta plantare, ma anche dalla contrazione dei femorali (o flessori della gamba) e del gluteo. Questo maggiore sollecitazione può portare il tendine ad infiammarsi ed ispessirsi, non consentendo più una buona dinamica e contrazione del muscolo.

Riabilitazione e cure

Come già evidenziato lo stato infiammatorio può durare diversi mesi riducendo le capacità dinamiche.

In questi casi ridurre gli allenamenti se non addirittura interromperli, in base al livello del dolore, può essere essenziale. 

Si interviene con terapie antinfiammatorie come:

L'applicazione della tecnica della fibrolisi è utile a dare spazio e libertà ai ventri muscolari e alle singole fibre, ma bisogna stare attenti a non forzare perché si rischia di creare un aumento della fase infiammatoria e versamenti.

Coadiuvare il tutto con della Massoterapia per sciogliere i muscoli femorali è utile a dargli più elasticità.

Essenziale è lavorare con stretching ed esercizi di postura che possano evitare stati di squilibrio muscolare.

L'intervento medico (con eventuali infiltrazioni) può essere valutato, ma non è frequente.

Le conseguenze dovute ad una cura non adeguata del problema, può portare ad una cronicizzazione del dolore.

I tessuti rimangono ispessiti e meno elastici e si possono generare delle calcificazioni o ossificazioni difficili da eliminare.


Fisioterapia Roma per infiammazione dei flessori della gamba

OSTEOKINESIS è uno centro professionale di fisioterapia a Roma in zona Montesacro/Talenti, specializzato nella riabilitazione delle strutture corporee.

Ogni paziente è per Osteokinesis unico e va valutato nel suo insieme, caso per caso.

In sede di valutazione, il professionista più indicato del nostro team, valuterà il percorso da intraprendere con il paziente analizzando la o le patologie, caso per caso, e proponendo un percorso che spesso integra tecniche ospeopatiche e fisioterapiche, manuali e strumentali.

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Articolo scritto dal dott. In fisioterapia ed Osteopatia Simone Piferi




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L'epitrocleite

Che cos'è e come si presenta l'Epitrocleite o gomito del Golfista

L'epitrocleite è una patologia a carico dei tendini della parte interna o mediale dell'avambraccio, che sono i tendini flessori di polso e mano. Questi sono i tendini flessori di polso e mano.

Questa patologia, come l'epicondilite, colpisce soprattutto gli sportivi, ma può essere riscontrata anche nelle persone che non praticano sport a causa di tensioni causate da un uso intensivo di mouse, penne per scrivere, computer.

Gli sportivi piu colpiti dall'epitrocleite sono i giocatori di golf (per questo è chiamata spesso anche Gomito del Golfista) e chi pratica arrampicata.

Cause dell'Epitrocleite

La causa è da ricercare in un sovraccarico funzionale di questi tendini.

Gomito del golfista o epitrocleite

Nel Golf

La ripetizione monotona del movimento di battuta della pallina da golf è la maggiore delle cause, sia nella fase di carico (in cui la messa in tensione di queste strutture determina la buona tenuta della mazza ed una buona distribuzione della forza alla pallina), sia nel momento del colpo (in cui questi muscoli e tendini subiscono un contraccolpo da dover ammortizzare).

Nell'arrampicata

Nell'arrampicata il sovraccarico è causato dalla forza continua che si applica con le dita per tenere le prese. Questo capita spesso nei principianti che usano e sforzano mani e dita più di quanto dovrebbero o quando si iniziano ad affrontare pareti strapiombanti dove la tenuta delle dita è messa a dura prova.

I Sintomi

sintomi e cause epitrocleite mediale

Come spesso capita nell'epicondilite, i sintomi iniziano con lievi fastidi nella zona di inserzione di questo tendini. Questi sono saltuari e appaiono solo dopo sforzi. 

Gradualmente la sintomatologia peggiora ed avremo:

  • dolore al gomito al tatto, nella zona di inserzione
  • irradiazione sui ventri muscolari
  • perdita di forza nell'afferrare oggetti
  • fitte dolorose al gomito anche senza sforzi
  • possibili gonfiori nella zona di inserzione
  • possibili formicolii

Se non curata, può diventare epicondilite cronica e portare ad un ispessimento dei tessuti, a possibili microlesioni tendinee e calcificazioni.

Trattamenti fisioterapici ed e autotrattamenti: come curare l'Epitrocleite

Sin dagli esordi bisognerebbe intervenire con:

  • esercizi di stretching ed allungamento per i muscoli flessori ed estensori di dita, mano ed avambraccio.
  • applicazione di ghiaccio sulla zona dell'epitroclea (dove si inseriscono i tendini) tenendolo circa 20minuti per i primi 5 giorni dell'infiammazione o dopo sforzi e successivamente facendo sessioni di: 5min con ghiaccio, 5 Min senza per almeno 3 volte.
  • applicazione di creme antinfiammatorie, magari facendo degli impacchi notturni così da consentire alla crema di avere un maggior effetto.

Come per l'epicodilite la guarigione non è immediata e le terapie sono simili.

Il programma riabilitativo prevede l’intervento con:

Terapie strumentali antinfiammatorie come laser, ultrasuoni e onde d’urto.

Queste hanno tutte la finalità di ridurre l'infiammazione e rivascolarizzare la zona anatomica sofferente.

Terapia manuale: utile a ridurre le tensioni fasciali dell’avambraccio.

Trattamenti osteopatici: per valutare la presenza di tensioni derivanti dalla spalla, cervicale o colonna.

Importante è osservare un periodo di stop dalla attività, soprattutto se sportiva, e dare tempo alla struttura di riequilibrarsi e ritrovare il suo stato di salute.

 

Tutore o non tutore

tutore per epitrocleite

Spesso quando ci sono queste infiammazioni su epitrocleite o epicondilite, gli sportivi utilizzano dei tutori costituiti da una fascia con un elemento più duro posizionato sulla zona infiammata dei tendini. 

Questi tutori sono molto utili e funzionali soprattutto quando il dolore è molto acuto in quanto consente di creare una compressione sulla zona tendinea, distribuendo diversamente il carico degli sforzi e riducendo la sintomatologia.

Consiglio sempre di non portarlo tutto il giorno, ma solo nei momenti in cui si pensa di dover svolgere degli sforzi.

 

Trattamento medico/chirurgico

Oltre ai trattamenti fisioterapici esistono degli interventi medici che possono essere molto efficaci e se il dolore non si riduce.

Il medico può intervenire con infiltrazioni di cortisone. Tutti sappiamo che il cortisone sui tendini potrebbe avere effetti collaterali, ma solo se vengono fatte tante infiltrazioni. Una singola infiltrazione generalmente non porta a controindicazioni, l'importante è che il medico sia molto competente e specializzato.

Gli interventi chirurgici sono molto rari e avvengono quando la situazione si è troppo cronicizzata con forti dolori e limitazioni. Nell'intervento il medico va a ripulire la zona di inserzione tendinea da calcificazioni, distacca la parte tendinea ripulendola dal tessuto rovinato dall'infiammazione. Questo favorisce il pieno recupero delle funzionalità ed elimina i sintomi.

 


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Spalla congelata

Spalla congelata (capsulite adesiva)

Cos'è e come si presenta la spalla congelata

La spalla congelata, o capsulite adesiva, è una patologia la cui eziologia non è ancora pienamente conosciuta.
E' una malattia infiammatoria che coinvolge i tessuti di natura fibrosa, che circondano l'articolazione: tendini, borse sierose e tessuto connettivo. Questi appaiono alterati e possono frammentarsi e calcificare. Le borse sierose diventano edematose e infiammate. Spesso la presenza di altri traumi come lussazioni, contusioni, fratture… possono essere delle concause. Attraverso una serie di studi statistici, si è visto che esistono dei fattori predisponenti come:

  • l'età: insorge infatti in soggetti tra i 40 ed i 60 anni.
  • diabete e disfunzioni tiroidee.
  • altre malattie sistemiche (cardiovascolari, morbo di Parkinson, ipercolesterolemia , artrite ecc.)

Queste condizioni sono state messe in relazione con un aumentato rischio di sviluppare la spalla congelata.

Questa patologia presenta una evoluzione piuttosto lenta.

  • I primi sintomi sono dolore leggero che tende a divenire sempre più forte ed intenso, gonfiore, limitazione dei movimenti, dolore notturno.
  • Il decorso dell'insorgenza di questa patologia è in linea di massima il seguente: Incomincia con un dolore alla spalla quando la si muove e quando si tiene il braccio fermo in una posizione per un breve periodo di tempo.
  • Dopo un mese il dolore si fa più severo e scende giù verso il gomito, è peggiore di notte ed aumenta se il paziente giace sul lato dolente.
  • La limitazione nei movimenti si fa sempre più evidente, e dopo 3 mesi il dolore è presente e costante anche nei piccoli e comuni movimenti quotidiani.
  • Il paziente non è in grado di alzare il braccio più di 30 o 40 gradi ed anche il movimento rotatorio è ristretto.
  • Il dolore è al suo massimo intorno al quarto mese e verso il quinto incomincia a ridursi.
  • Verso il settimo mese il dolore è presente solo nella parte alta della spalla e pian piano il movimento articolare diventa sempre più ampio fino ad arrivare a ritornare quasi fisiologico dopo un anno dall'insorgenza.

Come curare la Spalla Congelata:

Il programma riabilitativo nelle prime fasi prevede:

  • Terapia manuale per cercare di recuperare molto gradualmente il range articolare. E’ purtroppo dolente sia nei movimenti attivi che passivi.
  • Terapie strumentale: onde d’urto, tecar, laser, finalizzate a ridurre il più possibile la sintomatologia.
  • Terapia ostepatica: può essere una terapia molto utile, in quanto grazie a particolari manipolazioni, abbinate a degli esercizi, si riesce a limitare la progressione della patologia ed il buon recupero della mobilità.

In una fase successiva, il suo scopo è di riequilibrare il paziente che durante il periodo della patologia ha assunto posture errate e creato nuove tensioni e compensi.

Il pieno recupero della normale articolarità può richiedere diverso tempo, anche un anno.

L’intervento con infiltrazioni può migliorare la sintomatologia, ma spesso sono solo palliativi momentanei.



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