Sei un runner amatoriale o professionista??

Inizi a soffrire di dolori o problemi legati alla tua attività fisica??

Vorresti cercare di risolverli, ma non sai a chi affidarti??

Fisioterapia Running a Roma

Cos'è la fisioterapia per runner

L'area Specialistica della Fisioterapia applicata al running. Con metodiche e approcci diversi per ogni paziente, cerchiamo di individuare il percorso migliore per:

  • Piani di allenamento specifici per il runner
  • Prevenzione degli infortuni legati allo sport della corsa
  • Cura dei disturbi sopraggiunti, dovuti allo sport stesso e non

Dove trovare la fisioterapia per Runner a Roma

I nostri professionisti sono a tua disposizione presso il Centro di Fisioterapia Osteokinesis di Roma, per fare una Valutazione e capire quale percorso terapeutico è più adatto a te.

Lo studio offre tutte le terapie specifiche per risolvere i tuoi dolori e recuperare una condizione fisica e posturale che ti consenta di praticare al meglio la tua attività fisica.Lavoriamo da anni con corridori amatoriali e promesse regionali, offrendo il miglior servizio possibile per un rapido recupero dei problemi ed ritorno alla pratica sportiva.

La presenza in sede del Dott. Simone Piferi, esperto di problemi legati al running, ci consente di valutare il problema ed intervenire nel modo corretto da subito.

I nostri servizi di fisioterapia legati al Running a Roma:


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3 video esercizi per l’allenamento del polso, della spalla e del gomito

Esercizi di stabilità per la spalla, il gomito e il polso

Prevenire gli infortuni delle articolazioni del braccio nel Tennis, nella pallavolo e nel basket

Come sappiamo rinforzare l’articolazione è importantissimo per prevenire infortuni legati allo sport. Per questo motivo, in questo video mostriamo 3 esercizi utili a sportivi come tennisti, pallavolisti e giocatori di basket, per allenare la stabilità delle articolazioni del braccio.



Infortuni del gomito, della spalla e del polso nello sport

Infiammazioni del gomito (come il gomito del tennista) sono molto frequenti in chi pratica tennis, pallavolo e pallacanestro. Questo perché i continui colpi, torsioni e microtraumi che possono colpire l’articolazione senza che tu te ne accorga, sollecitano di continuo l’articolazione, affaticandola.

Come prevenire le infiammazioni delle articolazioni di polso, spalla e gomito

Oltre al trattamento quando già il dolore è sopraggiunto (trattamento con ghiaccio e consiglio di non sottovalutare i dolori al primo sentore), ci sono degli esercizi specifici che possono essere eseguiti in fase di allenamento, prima della comparsa di qualsiasi dolore, e per cercare di evitare che questi si presentino.

Rafforzare l’articolazione è dunque importantissimo per prevenire questo tipo di infortuni e infiammazioni.

I 3 esercizi che vediamo abbiamo visto nel video, aiutano a rafforzare la stabilità dell’articolazione, allenandola gradualmente a ricevere contraccolpi ed evitando che si presentino torsioni inappropriate. Sono molto utili anche nella prevenzione di patologie legate all'arto superiore come ad esempio la lussazione della spalla o la sindrome della spalla congelata.


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Cisti di Baker

Crampi, contratture, stiramento muscolare e strappi

Differenze tra stiramento muscolare, crampi, contratture e strappi

Quali sono le cause di questi dolorosi problemi muscolari?

Vediamo da che dipendono, come riconoscerli, come prevenirli e curarli con fisioterapia ed esercizi.

 

I crampi

Il crampo è una contrazione involontaria ed intensa di uno o più muscoli.

La contrazione, sempre piuttosto dolente, può durare da pochi secondi a diversi minuti e spesso non si presenta come evento unico e bisogna fare attenzione ai movimenti che si fanno perché potrebbe ripresentarsi più volte (anche se con intensità minore) prima di sparire del tutto.

I muscoli maggiormente colpiti sono:

  • polpaccio
  • quadricipite
  • i flessori della gamba (bicipite femorale, semitendinoso, semimembranoso)

I crampi possono colpire anche muscoli della mano, del piede, dell'addome e della schiena.

Cause: Perché vengono i crampi

Non esiste una causa unica, andiamo ad elencare le motivazioni principali che determinano la comparsa di un crampo:

  • allenamenti intensi con temperature ambientali molto elevate. Questo perchè si può andare incontro a disidratazione e perdita dei sali minerali (potassio, magnesio e calcio) con conseguente spasmo muscolare
  • esercizi anaerobi che, in un fisico non allenato, portano ad un impoverimento di ossigeno muscolare ed aumento degli scarti metabolici
  • affaticamento muscolare che si presenta quando l'esercizio è troppo intenso o se la persona non è allenata
  • carenza di stretching. Questo consente un allungamento delle fibre muscolari con conseguente miglior contrazione durante lo sforzo fisico.

Esistono poi delle cause più gravi legate ad alterazioni metaboliche, ormonali, all'uso di farmaci, ad alterazioni vascolari (aterosclerosi o arteriosclerosi), a compressione delle strutture nervose o a patologie più complesse come la SLA (sclerosi laterale amiotrofica).

Predisposizione ai crampi

Esistono delle categorie di persone maggiormente predisposte ai crampi:

  • neonati;
  • persone oltre i 65 anni;
  • atleti, soprattutto quelli che svolgono sport di resistenza e soprattutto se non effettuano un adeguato riscaldamento e non si idratano bene;
  • anziani, a causa della riduzione della massa muscolare.

Prevenzione e trattamento dei crampi muscolari

Per prevenire la comparsa di crampi, bisogna cercare di svolgere costantemente attività fisica affinché la muscolatura sia allenata ad effettuare degli sforzi.

Bisogna sempre effettuare un adeguato riscaldamento (tenendo in considerazione la temperatura esterna ed il tipo di sforzo da dover effettuare).

Bisogna idratarsi costantemente in modo che il muscolo non vada in affaticamento, ed eventualmente integrare dei sali minerali e degli amminoacidi per favorire ilò recupero muscolare.

Alla fine di ogni seduta di allenamento è importante effettuare dello stretching sia dei muscoli maggiormente predisposti ai crampi, sia si tutti quelli che sono stati sottoposti a sforzo.

Rimedi per i crampi, come intervenire nell'immediato:

  • metterlo in allungamento fino alla scomparsa della contrazione
  • interrompere l'attività che si stava svolgendo.
  • applicare calore se il muscolo è teso e contratto o ghiaccio se molto dolente.
  • applicare eventuale fasciatura contenitiva.

 

Contrattura

La contrattura ha diversi aspetti in comune con il crampo, ma in realtà è ben diversa.

Vediamo le differenze tra contratture e crampi.

La contrattura è una contrazione involontaria, persistente e dolente di uno o più muscoli scheletrici e determina un rigonfiamento ed indurimento delle strutture coinvolte. L'indurimento del polpaccio ad esempio potrebbe essere un sintomo di contrattura (ma anche di semplice crampo al )

La contrattura muscolare può avvenire per fattori meccanici o metabolici e rappresenta il preavviso di un eccessivo sforzo muscolare o di un eccessivo sovraccarico funzionale. Rappresenta quindi una difesa per il corpo, costringendo l'individuo ad interrompere l'attività.

Cause: perché si presenta la contrattura

La contrattura rientra nel gruppo delle lesioni muscolari rappresentando il livello più lieve.

Le cause del muscolo contratto possono essere così elencate:

  • scarso riscaldamento,
  • scarsa preparazione fisica,
  • svolgimento di attività a cui il fisico non è abituato,
  • sforzi troppo violenti ed intensi,
  • presenza di problemi posturali, muscolari e squilibri.

Prevenzione e trattamento delle contratture

Dopo aver analizzato le cause, la prevenzione la si può effettuare andando ad analizzare la presenza di eventuali squilibri posturali; effettuando un adeguato riscaldamento e cercando di preparare bene il fisico prima di effettuare sforzi eccessivi. bisogna concedersi i giusti tempi di recupero sia dopo un allenamento intenso, sia dopo periodi di malattia e stare attendi alle condizioni ambientali.

La contrattura spesso è solo sintomo di un piccolo affaticamento muscolare, facilmente risolvibile, ma potrebbe anche essere una maggior difesa fisica per una elongazione di alcune fibre. Dopo aver constatato che si è di fronte ad una semplice contrattura, il trattamento prevede:

  • riduzione dell'attività per almeno 3/7 giorni, con svolgimento di esercizi o sport in cui quella componente muscolare non sia coinvolta;
  • esercizi di stretching graduali;
  • applicazione di terapie iperemiche (tecar, ipertermia);
  • massaggi decontratturanti non eccessivamente profondi (per non incorrere in lesioni).
  • l'uso di antinfiammatori se proprio indispensabile.

Se vuoi saperne di più sulla tecarterapia e dove farla a Roma, visita la pagina dedicata alla Tecar

 

Stiramento muscolare

Lo stiramento o elongazione muscolare è uno sfilacciamento delle fibre muscolari. Questo è un vero e proprio danno anatomico (risolvibile) che altera il tono del muscolo.

Anche lo stiramento, come la contrattura e lo strappo, fa parte delle lesioni muscolari.

I sintomi degli stiramenti muscolari sono:

  • sensazione di puntura, 
  • sensazione di pugnalata,
  • bruciore del muscolo.

La persona avverte una sensazione di puncicapa, pugnalata, bruciore. Il dolore è piuttosto acuto e spesso accompagnato da uno spasmo di difesa del muscolo.

Annoveriamo anche la presenza di una casistica di persone che ha sintomi molto lievi che non farebbero pensare ad uno stiramento. In questi casi un'ecografia potrebbe essere risolutiva per inquadrare il problema.

Gli stiramenti più frequenti avvengono alla muscolatura degli arti (spesso sentiamo parlare infatti di stiramento del polpaccio, stiramento flessori, stiramento al gluteo o alla spalla), ma sono molto frequenti anche stiramenti alla schiena e stiramenti addominali.

Cause: come avviene lo stiramento muscolare

Lo stiramento avviene principalmente in chi pratica sport perchè sottopone i muscoli a sforzi ed allungamenti eccessivi; ma può presentarsi frequentemente anche in chi svolge lavori pesanti.

Le cause sono:

Prevenzione, tempi di recupero e trattamento dello stiramento

Come si può prevenire lo stiramento muscolare:

  • effettuare un buon riscaldamento e stretching,
  • avere una preparazione fisica adatta allo sforzo che si vuole effettuare,
  • difendersi da eventi ambientali con abbigliamento adeguato,
  • prendersi il giusto riposo,
  • seguire un'alimentazione adeguata allo sport e corretta negli alimenti che si assumono,
  • correggere squilibri posturali.

Differenza contrattura e stiramento nel trattamento

Il trattamento dello stiramento muscolare risulta più lungo rispetto ad una contrattura, con uno stop che può arrivare alle 2-3 settimane.

I primi 3-7 giorni è meglio intervenire con:

  • riposo
  • ghiaccio
  • benda compressiva su tutto il muscolo.

Questo serve a ridurre la formazione di versamento e diminuire le sollecitazioni meccaniche.

Nell'arco delle 2-3 settimane di stop, il muscolo riorganizza il tessuto lesionato, formato tessuto connettivo cicatriziale che serve a ricreare continuità tra le fibre sfilacciate. In questo arco di tempo si può intervenire con terapie fisiche per aiutare il processo di recupero:

Lo svolgimento di massaggi può essere effettuato senza provocare dolore sulla zona della lesione.

  

Strappo muscolare

Lo strappo è la lesione più grave a livello muscolare.

La differenza tra stiramento e strappo muscolare è che quest'ultima è caratterizzata da una rottura delle fibre muscolari.

La persona avverte una forte "schicchera", con bruciore. Spesso si riferisce la sensazione che qualcuno abbia dato una botta o una sassata sul muscolo leso.

Lo strappo muscolare al polpaccio e gli strappi addominali, sono tra i più frequenti e fastidiosi.

Lo strappo si divide in tre gradi di lesione:

  • PRIMO GRADO:
    la lesione è minima, massimo il 5% delle fibre. C'è un modesto fastidio e la persone riesce a svolgere tutte le attività senza troppo dolore.
  • SECONDO GRADO:
    la lesione prende più fibre determinando maggiore dolenzia nella persona. Ci può essere un evidente versamento, il muscolo è molto teso e dolente al tatto. C'è una riduzione nella capacità di allungamento e di sforzo.
  • TERZO GRADO: l
    a lesione coinvolge tante fibre al punto che si presenta una impotenza funzionale. La persona deve immobilizzare la parte ed il dolore si presenta anche a riposo. i tempi di recupero sono molto lunghi e si può incorrere in un intervento chirurgico.

Le cause: perché si verifica uno strappo muscolare

Le cause di uno strappo sono simili a quelle di uno stiramento però con conseguenze maggiori:

  • scarso allenamento,
  • scarso riscaldamento,
  • movimenti bruschi e violenti,
  • errato svolgimento del gesto atletico,
  • contrasto con un avversario,
  • uso di abbigliamento non idoneo.

Prevenzione, tempi di recupero e trattamento degli strappi

La prevenzione si effettua evitando di fare ciò che è elencato nelle cause.

Lo strappo può portare ad una alterazione funzionale con immobilizzazione della parte.

La terapia prevede un iniziale trattamento con ghiaccio, una fase di riposo ed infine la fasciatura di contenimento.

Le differenze con lo stiramento sono anche nei tempi di recupero: nel caso di lesioni lievi sono simili allo stiramento, ma sono invece molto più lunghi nel caso di lesioni gravi.

I tempi di pieno recupero dopo uno strappo, prima di tornare all'attività, vanno dalle 2-3 settimane dei casi più lievi, ai 2-3 mesi nei casi più gravi.

Bisogna sempre calcolare che rispetto allo stiramento, dove il ritorno nel pieno dell'attività è piuttosto rapido, lo strappo prevede dei tempi di recupero più graduali per evitare recidive.

Le terapie adatte al trattamento di crampi, contratture e strappi:

Per facilitare il recupero esiste anche la possibilità do effettuare delle infiltrazioni di acido ialuronico o PRP (plasma ricco di piastrine) direttamente sulla zona della lesione.

Fisioterapia a Roma per contratture stiramenti e strappi

Il nostro centro di Fisioterapia a Romaè specializzato in fisioterapia sportiva, il nostro team è infatti composto da fisioterapiasti esperti ed attivamente coinvolti  in diversi settori sportivi.

Nella sezione Terapie, puoi vedere tutti i servizi disponibili nel nostro studio di Roma, come ad esempio la tecarterapia, la laserterapia, la massoterapia e gli ultrasuoi, adatti al trattamento degli strappi  e delle contratture muscolari.

Il nostro centro è inoltre convenzionato con molti enti ed assicurazioni operanti nel territorio nazionale; è quindi possibile fare fisioterapia in convenzione senza le lunghe attese del SSN.


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guida prevenire infortuni running

Esercizi di core stability per postura e dolori alla schiena

Esercizi base per la stabilità del tronco

Questi esercizi sono essenziali per prevenire e contrastare il mal di schiena, trattamento dei dolori lombari, migliorare la stabilità e la postura, migliorare coordinazione e movimenti quotidiani.

Cosa sono Core Training e Core Stability

Per Core si intende il centro del nostro corpo, inteso come zona del tronco. Nel core training si va appunto ad allenare la zona addomino-lombare, ovvero tutto ciò che si trova tra: diaframma, anche, muscoli obbliqui addominali, muscoli del retto, parte bassa della schiena e muscoli flessori ed estensori dell'anca.

A differenza di altri tipi di esercizi, nel core training si lavora su esercizi a corpo libero, movimenti lenti e posizioni statiche, stimolando movimenti funzionali che sollecitano contemporaneamente molti muscoli diversi.

Questa caratteristica di lavoro, non strettamente legato alla forza, rende questi esercizi adatti a tutti, principianti ed atleti esperti, adattandoli nel numero di ripetizioni e nel tempo di mantenimento della posizione, in base al proprio livello di allenamento.

 Per chi sono utili questi esercizi:



Sei uno sportivo e stai cercando una consulenza di un fisioterapista specializzato?

La fisioterapia Sportiva a Roma

Osteokinesis è un centro di fisioterapia sportiva di Roma, situato in zona Roma Nord (Montesacro, Talenti).

Grazie alla passione dei nostri esperti e l'esperienza diretta, il centro è cresciuto sotto questo aspetto e in particolar modo nelle discipline atletiche, il running e il Tennis.

Servizi di fisioterapia sportiva presso Osteokinesis:

  • Piani di allenamento specifici 
  • Prevenzione degli infortuni
  • Riebilitazione per infortuni da sport
  • Piani di alimentazione per sportivi


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Esercizi di fisioterapia sportiva per caviglia e piede

Alcuni video Esercizi utili per gli sportivi per rinforzare la stabilità della caviglia e del piede

Esercizi idonei per il rinforzo della caviglia, del polpaccio e tonificazione e rinforzo di polpaccio e tibiali.

Questi esercizi sono utilissimi per tutti coloro che praticano sport o che intendono riprendere, per rinforzare la muscolatura e prevenire infortuni, ma possono essere utilizzati anche durante un percorso riabilitativo, post trauma o post infortunio (insieme ad un fisioterapista esperto che abbia valutato la situazione e intrapreso un corretto percorso globale) o ad esempio in casi di distorsioni.


La fisioterapia Sportiva a Roma

Osteokinesis è un centro di fisioterapia sportiva di Roma, situato in zona Roma Nord (Montesacro, Talenti).

Grazie alla passione dei nostri esperti e l'esperienza diretta, il centro è cresciuto sotto questo aspetto e in particolar modo nelle discipline atletiche, il running e il Tennis.

Servizi di fisioterapia sportiva presso Osteokinesis:

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Fibrosi muscolare

Cos'è la fibrosi muscolare

La Fibrosi Muscolari è uno stato patologico del muscolo. Questa si manifesta dopo un trauma più o meno intenso o se in presenza di gravi patologie come la Distrofia o Atrofia muscolare.

La fibrosi può essere reperibile al tatto come una zona più rigida, meno elastica, ma solo nella zona dove si ha avuto una lesione, altrimenti si percepiscono piccole contratture o tensioni dovute al costante stress e sforzo a cui sottoponiamo i nostri muscoli.

Le lesioni muscolari più gravi (strappi di grado elevato) evolvono sicuramente in Fibrosi perchè il fisico non è in grado di rigenerarle, ma le lesioni di grado inferiore (stiramenti, affaticamenti), se ben curate, hanno la possibilità di tornare alla normalità con la formazione di nuove miofibrille muscolari.

La risposta ad un infortunio muscolare prevede tre fasi principali:

  • degenerazione (1-3 gg)
  • rigenerazione (3-4 settimane)
  • rimodellamento (3-6 mesi).

La Degenerazione consiste nella necrosi delle fibre muscolari lesionate.

In questa fase, l'introduzione di proteine plasmatiche (come la fibrina reticolare ed i fibroblasti) inducono la deposizione di collagene per la formazione di un'iniziale ECM (extracellular matrix of skeletal muscle).

Questa matrice extracellulare è costituita da due elementi:

  • la lamina basale formata da ( IV collagen, laminin, and heparan sulfate proteoglycans )
  • la matrice interstiziale formata da ( collagen I, III, and V, fibronectin and perlecan )

Questa matrice è transitoria e fa da tramite all'immissione delle cellule infiammatorie (neutrofili e macrofagi) ed ha il ruolo di supporto meccanico e direzionale per il rigenerarsi di nervi, vasi e miofibrille muscolari.

La fase Rigenerativa è caratterizzata dalla proliferazione di cellule satellite essenziali alla formazione di cellule miogene dette "Mioblasti". I mioblasti presentano dei fattori di trascrizione miogenici che consentono la rigenerazione delle miofibrille muscolari fino ad entrare nella fase di rimodellamento del muscolo.

Il rimodellamento prevede la maturazione delle nuove miofibrille fino a renderle elementi contrattili. Questa fase si considera terminata con la riorganizzazione dell'ECM che consente una adeguata rivascolarizzazione e reinnervazione dell'area lesionata.

Questo è il processo fisiologico di riorganizzazione del muscolo dopo una lesione, ma allora come e quando si forma la Fibrosi?

Come e quando si forma la Fibrosi

Come è stato prima descritto, la deposizione della matrice extracellulare (ECM) è attivato da proteine plasmatiche come i fibroblasti ed i miofibroblasti. Tra le proteine che vengono prodotte dai miofibroblasti e che costituiscono l'ECM ci sono: fibronectin, tenascin-C, collagen type I e type III. Una corretta produzione dei collageni determina un aumento della resistenza alle trazione del tessuto cicatriziale che sarà in grado di guarire del tutto come nel caso di lesioni acute. In questi casi i miofibroblasti scompaiono per apoptosi dopo la chiusura della ferita.

Nel caso di lesioni croniche distrofie, atrofie,ecc.) c'è un persistere dell'infiammazione. I miofibroblasti non muoiono e continuano a produrre le proteine costituenti l'ECM,la zona di lesione sarà ancora occupata da cellule immunitarie (neutrofili e macrofagi) e si crea una struttura cicatriziale patologica (Fibrosi). Questa non consentirà lo svilupparsi delle nuove miofibrille ed il muscolo rimarrà meno elastico con un alto rischio di andare incontro ad altre lesioni.

TRATTAMENTO della fibrosi

Una volta che la Fibrosi si è instaurata, il muscolo perderà la sua normale elasticità e questo lo renderà più soggetto a dolori e rischi di nuove rotture. per evitare di incorrere in nuove complicazioni si possono svolgere delle terapie che puntano a rendere la fibrosi o cicatrice più elastica, ma non possono eliminarla.

Tra le terapie evidenziamo:

  • Fibrolisi: è una tecnica che punta a rompere la fibrosi con l'uso delle mani, di attrezzi metallici o di legno. Dopo la rottura della stessa, si possono sviluppare ematomi perchè si va a creare una nuova lesione. Per questo dopo la fibrolisi è essenziale accompagnare il paziente verso la piena guarigione con l'applicazione di ghiaccio, tecar, laser e terapie che consentono di rigenerare la vecchia cicatrice in una più elastica ed allungata. Questo consentirà di andare meno incontro a nuovi infortuni.
  • Onde d'urto: queste puntano, come nel caso della fibrolisi, ad elasticizzare la cicatrice senza però creare una rottura della stessa. E' una terapia piuttosto dolente ma con una buona percentuale di efficacia. Anche questa può essere associata a terapie antinfiammatorie come laser ed ultrasuoni.



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Frattura da stress

Cos'è e come riconoscere una frattura da stress

La frattura da stress negli atleti deve essere sospettata in presenza di un dolore insidioso, collegato con un aumento dei carichi di allenamento.

Il dolore emerge durante o alla fine di un esercizio ed aumenta nei giorni successivi se si continua a svolgere attività fisica.

Il dolore si intensifica al punto da non consentire più lo svolgimento della pratica sportiva. Anche il semplice camminare può diventare difficoltoso.

Esami diagnostici

Il primo esame da dover effettuare è la "Radiografia". Nonostante la sua bassa sensibilità, essa può evidenziare fratture midollari o corticali, osteopenia locale, sclerosi e neoformazione del callo osseo. Purtroppo le radiografie sono negative nel 70% dei casi di fratture da stress nelle prime 2/4 settimane dopo l'infortunio.

Altro esame importante è la tomografia computerizzata con cui si può evidenziare anche una periostite locale. Questa ha una sensibilità maggiore dell'RX ma inferiore della scintigrafia e della risonanza magnetica.

La scintigrafia spesso usata in fase iniziale nelle fratture da stress, può presentare una percentuale di falsi negativi che varia dal 13% al 24%.

La Risonanza Magnetica ha numerosi vantaggi rispetto alla scintigrafia. La RM consente di avere un'ottima risoluzione delle immagini anatomiche, non è un esame invasivo ed è un esame multiplanare che non emana radiazioni. Ha un'elevata sensibilità e specificità, ma tra gli svantaggi ci sono:

  • l'elevato costo,
  • la difficoltà di esecuzione su pazienti claustrofibici,
  • l'impossibilità di effettuarla su pazienti con mezzi di sintesi interni.

Fattori che favoriscono la patologia

Tra i fattori che favoriscono lo svilupparsi delle fratture da stress, ce ne sono di Intrinseci ed Estrinseci.

Per fattori Estrinseci si intende ad esempio: il ritmo dell'allenamento, l'uso dell'abbigliamento adatto o no, condizioni fisiche non adatte, l'ambiente di allenamento, temperature estreme e insufficiente recupero dopo uno sforzo muscolare.

Tra i fattori Intrinseci si annoverano: l'eta, il sesso, la razza, densità e struttura osea, il bilanciamento ormonale, mestruale, metabolico ed alimentare.

Diversi studi hanno evidenziato una maggiore incidenza nella razza bianca e soprattutto in quella caucasica rispetto a quella nera americana o ispanica. Soggetti in età avanzata presentano un maggior rischio rispetto ai giovani. Alcuni studi evidenziano una maggiore incidenza tra i soldati donne rispetto agli uomini.

Tra alcuni fattori predisponenti che sono stati studiati troviamo: la presenza di un piede troppo cavo, di una eccessiva differenza nella lunghezza delle dita del piede ed un piede troppo varo. Il piede cavo varo è stato studiato spesso come elemento anatomico predisponente a diversi infortuni poichè è una caratteristica che rende il piede rigido e poco ammortizzato per gli shock sportivi. Anche supinazione e pronazione sono considerate caratteristiche che possono portare a fratture da stress.

Predisposizione femminile alle fratture da stress 

Il sesso femminile ha una maggior predisposizione a sviluppare fratture da stress perché presenta alcuni fattori come: disordini alimentari, disturbi mestruali ed una bassa densità ossea. Purtroppo i disturbi alimentari sono stati spesso evidenziati tra le atlete (bulimia, anoressia, uso di lassativi e diuretici). L'irregolarità del ciclo mestruale può causare una riduzione della mineralizzazione ossea.

Come trattare la frattura da stress?

Il trattamento delle fratture da stress dipende molto dal tipo di frattura, dalla localizzazione e dal tempo di evoluzione. Il piano di trattamento potremmo dividerlo in due fasi: la prima fase prevede l'uso di farmaci antinfiammatori, terapie fisiche e chinesiterapia con lo svolgimento di attività non traumatiche, come ciclismo, nuoto e corsa in acqua. La seconda fase inizia nel momento in cui l'atleta non ha più dolori (all'incirca dopo 2/3 settimane), con lo svolgimento di attività di rinforzo e ritorno all'attività sportiva.

Fratture da stress più gravi prevedono un approccio più conservativo con l'ausilio di gessi, tutori gessati o tutori fino ad un massimo di 6/8 settimane. La pratica di attività non traumatica ( ellittica, bici, nuoto) può essere svolta per mantenere una buona condizione aerobica. Importante è effettuare esami di controllo per valutare l'evoluzione della frattura.
Importante è assumere una dieta equilibrata per facilitare la ricalcificazione ossea.

Quando viene effettuato l'intervento chirurgico?

Il trattamento di alcune fratture da stress può essere problematico come nel caso dell'osso navicolare, del 5° metatarso e del malleolo mediale. Queste possono essere molto frequenti e poco diagnosticabili. L'osso navicolare, per esempio, rischia di avere difficoltà nel riconsolidarsi perchè è poco vascolarizzato; il malleolo mediale, nelle fratture, ha un alto tasso di dislocazione e bassa capacità di consolidamento. Le lesione di queste componenti ossee può richiedere una stabilizzazione chirurgica.

Le lesioni ossee del navicolare sono difficili da diagnosticare e possono andare verso la formazione di osteoartrite o di non consolidamento. in base al tipo di lesione dell'osso si procede all'intervento chirurgico o solo contenitivo. L'intervento prevede la fissazione tramite l'applicazione di viti.

Lo stress del 5° dito avviene in genere sulla diafisi del metatarso. E'una frattura frequente negli atleti e che spesso incorre in problemi di consolidamento o recidiva. Questa lesione può avere un tempo massimo di riconsolidamento di 21 mesi, con un rischio di non ricalcificazione nel 25% dei soggetti trattati con terapie conservative. Per questo si ricorre spesso all'intervento chirurgico per ridurre i tempi di fusione e di ritorno alla pratica sportiva.

La lesione del malleolo mediale o della parte distale del perone prevedono l'intervento chirurgico con l'applicazione di chiodi intramidollari o di placche di fissazione esterne all'osso.

Come si possono prevenire le fratture da stress nell'atleta 

Sicuramente chi si occupa della parte sanitaria e del benessere degli atleti dovrebbe conoscere i fattori intrinseci ed estrinseci predisponenti a fratture da stress. L'atleta dovrebbe sapere che un dolore che permane da più di tre settimane è un segnale importante del corpo ed un adeguato riposo potrebbe essere necessario.

L'uso di calzature adatte e di terreni di allenamento non troppo duri possono prevenire l'apparazione di fratture da stress. Vari studi hanno evidenziano come l'uso di scarpe neutre riducano la pressione plantare in persone col piede cavo.

Sicuramente un ruolo importante lo hanno anche: il preparatore atletico che deve valutare le fasi di carico e scarico degli allenamenti, il nutrizionista che deve far si che l'atleta non abbia delle carenze alimentari, ed il fisioterapista che deve prendersi cura dei muscoli e del corpo dell'atleta così che possa assorbire bene i traumi degli allenamenti.

Quando il paziente può tornare all'attività sportiva?

Il ritorno alla pratica sportiva dipende dal livello e dal tipo di frattura. Questa viene divisa tra alto e basso grado e questo modifica il tempo necessario alla scomparsa di tutti i sintomi algici. Un basso livello di frattura implica una tempistica di stop dalle attività di almeno 4/8 settimana. Questo è il periodo ideale per ridurre i rischi di recidive. Essenziale è una graduale ripresa delle attività cosi che il fisico possa riadattarsi allo sforzo.

Nel caso delle fratture dell'osso navicolare, il tempo di stop dall'attività può raggiungere i 4 mesi.



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Informazioni tratte e tradotte da: Stress fractures in the foot and ankle of athletes. Asano LY, Duarte Jr A, Silva AP; Brazilian Medical Association.Rev Assoc Med Bras. 2014 Nov-Dec; 60(6):512-7. doi: 10.1590/1806-9282.60.06.006. No abstract available.



guida per runner

Meniscosi - dolore al ginocchio e lesione menisco

Dolore al ginocchio e lesione menisco

La meniscosi è uno stato di alterazione o lesione del menisco dovuto a fattori degenerativi e non traumatici, come spesso accade nello sportivo.

La meniscosi tende a colpire maggiormente persone oltre i 50 anni, in cui si è instaurato un processo degenerativo in tutto il comparto articolare del ginocchio.

In questi casi il menisco lesionato è solo uno dei problemi. Annesso ci sarà una alterazione della cartilagine, artrosi.

Tipologie di lesione del menisco

SINTOMI: il dolore al ginocchio è meniscosi?

I sintomi collegati ad uno stato di meniscosi sono riconoscibili e spesso l’esecuzione di un esame di controllo serve solo per capire la localizzazione della lesione.

Tra i sintomi della lesione del menisco troviamo:

  • dolore anteriore al ginocchio, di tipo articolare, spesso proprio in corrispondenza della rima femoro-tibiale dove si può palpare il menisco;
  • gonfiore del ginocchio;
  • limitazione articolare del ginocchio sia in flessione che in estensione;
  • sensazione di instabilità del ginocchio e di debolezza muscolare;
  • perdita di tono muscolare nella gamba, dopo diverso tempo.

TERAPIA per meniscosi

Cure e rimedi per lesione menisco

Il processo di degenerazione del menisco prevede il più delle volte un intervento conservativo:

  • ghiaccio per ridurre gonfiore ed i infiammazione;
  • riposo;
  • fasce di contenimento che danno maggiore senso di stabilità;
  • uso di farmaci antinfiammatori;
  • fisioterapia.

Il trattamento chirurgico per lesione del menisco

spesso evitato in quanto si rischierebbe solo di peggiorare il processo degenerativo ed artrosico dell’articolazione, può essere preso in considerazione nel caso di blocchi o grosse limitazioni funzionali e della vita quotidiana.

Intervento chirurgico per riparare il menisco

Riabilitazione del ginocchio per meniscosi

Il percorso riabilitativo in fase acuta:

La fisioterapia per la Lesione del Menisco prevede l’intervento con terapie fisiche che possano sfiammare la parte:

Successivamente alla fase acuta:

si integrano esercizi di rinforzo muscolare per recuperare il tono perso e per dare stabilità e sostegno all’articolazione. Per questi si consiglia sempre di rivolgersi a specialisti del settore così da non incorrere in peggioramenti dello stato degenerativo fisiologico.


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Fisioterapia a Roma per meniscosi e dolore al ginocchio


guida prevenire infortuni running

Onde d'urto

Cosa sono le Onde d'urto e a cosa servono in fisioterapia

Le Onde d'urto utilizzate in Fisioterapia sono delle onde acustiche caratterizzate da una fase di pressione positiva ed una negativa che producono un effetto di stimolazione meccanica diretta.

In sostanza si ha una produzione di onde sonore che consentono la vibrazione dei tessuti e la riduzione ed eliminazione degli stati infiammatori.

L’effetto di queste onde sui tessuti viventi non ha niente a che vedere con l’effetto ottenuto sui calcoli renali, dove si raggiunge una frantumazione degli stessi.

Su tessuti come: tendine, muscolo, osso e legamento, queste onde sortiscono un effetto di stimolazione biologica (antinfiammatoria, antidolorifica, antiedemigena con incremento di vascolarizzazione) legato all’attivazione enzimatica e di fattori di crescita, che promuove le reazioni biochimiche e cellulari.

Differenze con gli ultrasuoni

La modalità di funzionamento è simile agli ultrasuoni, ma la possibilità di indurre onde sonore ad una intensità maggiore, consente di arrivare più in profondità sui tessuti ed avere un effetto di stimolazione biologica nettamente maggiore.

Gli effetti delle onde d'urto in fisioterapia

  • riduzione del dolore
  • iperstimolazione dei sensori del dolore
  • rigenerazione dei tessuti pensionati
  • stimolazione del metabolismo cellulare
  • aumento dei fattori di crescita
  • miglioramento della vascolarizzazione. 

Quando applicare le onde d'urto

La fisioterapia con l’utilizzo delle onde d’urto consente di effettuare un buon lavoro su muscoli, legamenti, tendini, calcificazioni profonde (pensiamo ai calcoli renali). Le onde d'urto vengono spesso associate ad altre terapie possono essere una valida soluzione per molte condizioni patologiche ortopediche, acute e croniche. Inoltre le onde d’urto radiali possono avere un effetto antidolorifico anche immediato e una rapida azione curativa cutanea di legamenti e tendini.

Le problematiche e disturbi su cui andiamo spesso a lavorare con le onde d’urto nel nostro studio, con un’ottimo risultato sono molteplici:

  • tendinite acute e croniche
  • borsiti
  • calcificazioni
  • cicatrici
  • lesioni muscolari
  • contratture e tensioni muscolari. 

Recenti studi hanno dimostrato che la terapia con Onde d'urto è particolarmente efficace nel trattamento dell'Epicondilite (una particolare infiammazione al gomito detta anche Gomito del Tennista).
Leggi l'articolo relativo agli studi sul trattamento dell'epicondilite con le Onde d'urto.

Un secondo studio sperimentale dimostra come siano particolarmente efficaci le onde d'urto anche nel trattamento della Fascite Plantare

Durata delle sedute e del trattamento con onde d'urto

Le Onde d’Urto consentono di evidenziare un miglioramento della sintomatologia con un numero di sedute di terapia inferiore, rispetto all’uso di altri macchinari. La durata dell'intero trattamento dipende però sempre dalla tipologia della gravità del problema. I nostri fisioterapisti, in accordo con il medico ortopedico stabiliranno caso per caso la terapia personalizzata più idonea.

La durata di ogni seduta di terapia con onde d'urto è in genere di 10/15 min.

Modalità di applicazione

Le onde d'urto sono una terapia molto intensa e che necessita di alcuni giorni prima di indurre gli effetti biologici sui tessuti, anche se spesso il miglioramento della sintomatologia è  immediato.
Le indicazioni sono di circa 1 terapia ogni 5/7 giorni, una frequenza maggiore sarebbe inutile ai fini terapeutici.

Molto importante è  avere una prescrizione medica o fare una prima visita di valutazione in modo da capire bene il problema, il punto di dolore e come lavorarci per ridurre il prima possibile la sintomatologia.

Le Controindicazioni all'uso di tale terapia sono per pazienti affetti da:

  • forte osteoporosi
  • presenza di pace maker
  • presenza di mezzi di sintesi nella zona da trattare
  • tumori
  • recenti stati influenzali.

Perché spesso sentiamo parlare di onde d'urto radiali e focali?

Le onde d’urto radiali hanno un ridotto picco di energia e non si focalizzano in un area specifica ma si disperdono nella zona trattata non avendo effetto così su problematiche più profonde. Quindi consentono di curare principalmente patologie superficiali e potrebbero essere necessarie un numero maggiore di trattamenti.

Le onde d’urto focali invece, concentrano un picco elevato di energia che penetra in profondità ed è focalizzato sul problema. Questo trattamento viene effettuato solo da personale qualificato. Anche se un posizionamento errato difficilmente crea gravi danni ma sottoporrà il paziente ad un numero maggiore di sedute.  

Per approfondire:

In questo articolo abbiamo evidenziato le differenze tra le due tipologie di Onde d'urto applicate in fisioterapia e le differenze degli effetti terapeutici

Perché affidarsi ad Osteokinesis per trattamenti con onde d'urto radiali e focali a Roma

Le onde d'urto sono una tipologia di trattamento ormai molto comune, ma la mano che esegue la terapia può fare la differenza nella buona riuscita del percorso terapeutico per la guarigione.

Presso il nostro centro di fisioterapia a Roma, in zona Montesacro, questo servizio è attivo e praticato da personale qualificato, giovane ed in continuo aggiornamento, specializzato in vari ambiti della fisioterapia. La strumentazione moderna, permette al nostro centro di eseguire tecniche e terapie fisioterapiche avanzate e risolutive.

Nel nostro centro le parole d'ordine sono "Personalizzazione" ed "Integrazione"

Crediamo fortemente che ogni paziente sia diverso dagli altri, ed anche per la stessa patologia possano occorrere diversi percorsi terapeutici a seconda della persona che abbiamo di fronte. Il nostro approccio è quello di valutare ogni singolo caso come un "unico". Il nostro metodo è quello proprio della fisioterapia integrata: non una sola tecnica, ma attingere a diverse metodologie e diverse strumentazioni per integrarle tra loro al fine di massimizzare l'effetto di ogni singola seduta.


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Prevenire e curare fascite e tallonite - video esercizi

Esercizi utili per gli sportivi per la prevenzione e la cura di patologie frequenti soprattutto nei Runner

Negli sportivi, e soprattutto nei runner, Talloniti e fascisti sono molto frequenti proprio perché spesso causate dalle continue sollecitazioni ed eventuali microfratture subite dal piede.

Questo tipo di dolori sono spesso invalidanti per il corridore, è quindi importantissimo cercare di prevenire l’insorgere di queste patologie ed intervenire tempestivamente con esercizi dedicati.

I Video esercizi per tallonite e fascite

Nel video, Simone Piferi, Osteopata e Fisioterapista del nostro studio di Roma, mostra alcuni esercizi base utili per rinforzare piede e caviglia.

Questi esercizi sono la base per impostare un percorso di prevenzione e cura di queste due patologie, tallonite e fascite, molto frequenti negli sportivi, soprattutto nella categoria dei Runner.

Dove curare tallonite e fascite a Roma

Il centro di Fisioterapia ed Osteopatia Osteokinesis di Roma, è specializzato in cura e prevenzione di patologie comuni negli sportivi e programmi di allenamento specifici.

Puoi trovare maggiori informazioni sulla fisioterapia sportiva specialistica nelle due aree: Fisioterapia Running e Fisioterapia Tennis



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Protesi anca mini invasiva

Cos’è e quando è necessario un intervento con inserimento di protesi dell’anca

La protesi d'anca è uno degli interventi più diffusi che diventa necessaria quando lo stato di degenerazione dell’articolazione coxo-femorale diventa invalidante. Questo accade, oltre che nei casi di traumi con fratture della testa o collo del femore, anche nei casi di traumi ripetuti, displasia dell’anca. Questi causano una progressiva degenerazione dell’articolazione con il generarsi di una progressiva coxartrosi. Non c'è un limite di età, la degenerazione può colpire soggetti giovani ed anziani.

Tipologie di protesi d'anca: i vantaggi della protesi mini invasiva

Fino a poco tempo fa si sono usate principalmente protesi a stelo lungo, cementate e non cementate.

Ad oggi si punta ad usare protesi più piccole così da preservare il più possibile la componente ossea e consentire una maggiore stabilità della protesi. Queste ultime sono fatte in titanio, con testa in ceramica e sede di alloggiamento in ceramica e polietilene.

Ovviamente la variabilità nell’uso della protesi può dipendere da età, stato dell’osso, via di accesso, campo operatorio.


Vie d'accesso all'anca

Le vie di accesso che hanno preso maggiormente piede erano quelle posteriori e posteri laterali. Sicuramente più semplici, ma che implicavano il disinserimento e rifissaggio di diverse strutture muscolari. Questo causava una maggiore perdita ematica e dei tempi di recupero muscolare piuttosto lunghi e non senza problemi.

Accesso anteriore per la protesi dell’anca

La VIA ANTERIORE, che in realtà esiste da molto tempo ma non fu sviluppata, sta prendendo sempre più piede. È sicuramente una metodica più complicata per lo specialista ma presenta diversi vantaggi.

Vantaggi accesso anteriore per protesi anca

Andiamo ad elencare i vantaggi:

  • cicatrice ridotta a 7-8 cm rispetto ai 15 degli altri accessi,
  • dolore nettamente ridotto nella fase post operatoria,
  • assenza di complicanze muscolari,
  • rapida ripresa della vita quotidiana,
  • riduzione del rischio di lussazione post operatoria,
  • lunga durata delle protesi.

Svantaggi

  • rischio di compromettere il nervo cutaneo laterale della coscia con area di anestesia,
  • la tecnica potrebbe essere evitata nei casi di obesità o eccessiva massa muscolare.

Riabilitazione post-operatoria per protesi anca mini invasiva

La protesi mini invasiva ha un tempo più o meno variabile di vita. Questo può dipendere anche da che attività andiamo a praticarci sopra.

Gli sport sconsigliati sono tutti quelli reputati ad alto impatto come:

  • calcio,
  • tennis,
  • atletica,
  • basket,
  • climbing,
  • hockey,
  • aerobica.

Tra gli sport consigliati troviamo:

  • sci di fondo e discese semplici,
  • golf,
  • camminata,
  • cyclette e bici,
  • canottaggio,
  • nuoto,
  • ballo da sala.

Per approfondire questo argomento leggi anche il nostro articolo dedicato alle fasi del recupero post operatorio per la protesi dell'anca


Riabilitazione per operazione protesi anca a Roma

Tra le varie specializzazioni, lo staff di fisioterapisti del nostro centro di Fisioterapia Roma Osteokinesis si distingue per i percorsi di riabilitazione post operatoria personalizzati, individuati dopo una attenta analisi del caso e delle indicazioni dell'ortopedico che segue il paziente o che ha eseguito l'operazione.

Qui di seguito raccontiamo l'esperienza di una nostra paziente e il percorso di riabilitazione post-operatorio che evidenzia come con la metodologia mini-invasiva sia stato possibile un recupero funzionale migliore e più rapido.

Descrizione di un caso di riabilitazione post-operatoria per protesi d'anca

VI parliamo di Barbara, una ragazza di 48 anni che ha dovuto operarsi ambo le anche. La prima circa 4 anni fa con un accesso postero laterale.

L’intervento andò benissimo ed iniziò subito la terapia con noi.

La cicatrice appariva ispessita e dolente. All’inizio gli esercizi di rinforzo erano molto faticosi, la progressione fu molto graduale, ma si evidenziò subito una limitazione nel tirare su la gamba tesa e molta fatica nel portarla lateralmente.

Barbara riprese la sua vita quotidiana e tornò a fare cyclette e yoga ma mantenne quelle limitazioni.

La seconda anca venne operata con accesso anteriore e l’inserimento di una mini protesi. La cicatrice, nettamente più piccola, non le portò dolenzie. Riuscì ad effettuare da subito tutti gli esercizi di rinforzo, ovviamente in modo graduale. Abbandonò dopo due mesi ambo le stampelle (che tenne anche più del necessario per una sua maggiore sicurezza e precauzione), e tornò rapidamente alla vita quotidiana.


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Protrusione discale o ernia del disco?

Le differenze tra protrusione ed ernia del disco

Cosa sono i dischi intervertebrali della colonna e come funzionano

Il disco intervertebrale può essere paragonato ad un cuscinetto di ammortizzazione situato tra le nostre vertebre. 

Questo è costituito da una zona centrale viscogelatinosa (composta per 85% da acqua ed il resto sono proteoglicani) che attutisce i colpi, i carichi quotidiani ed i movimenti di rotazione ed inclinazione delle vertebre, ed una parte periferica fibrosa.

Spesso avrete sentito dire che durante il giorno, a causa degli stimoli a cui sottoponiamo i dischi, questi riducono il loro spessore, mentre la notte lo riacquistano. Questo avviane perchè il disco è irrorato da alcuni piccoli vasi sanguigni, tramite cui elimina sostanze di rifiuto e liquidi e recupera sostanze nutritive e liquidi grazie alle variazioni di pressione che avvengono durante i movimenti della colonna. Questa costante e fisiologica disidratazione (durante il giorno) e reidratazione (durante la notte) non porta a problemi a meno che non si genera un sovraccarico su uno di questi dischi.

Le problematiche dei cuscinetti intervertebrali

Il sovraccarico, causato da posture errate, porta il disco a non riuscire più a recuperare il liquido perso disidratandosi definitivamente. Questo può essere alla base di dolori, artrosi, schiacciamenti vertebrali, sintomi neurologici periferici.

La parte fibrosa è composta da più strati di fibre disposte in varie direzioni per conferire maggiore resistenza contro i movimenti quotidiani. Il disco è tenuto in sede oltre che dalla parte fibrosa anche da importarti strutture legamentose che avvolgono la nostra colonna anteriormente e posteriormente (nel canale vertebrale).

Posture errate e traumi sono alla base diverse degenerazioni del disco, parliamo delle protrusioni e delle ernie del disco.

Cos'è la PROTRUSIONE

La protrusione è caratterizzata da un processo di degenerazione del disco. Questo, a causa di un trauma o perchè sottoposto ad un eccessivo e costante carico, spinge contro la parte fibrosa deformandola. Questa deformazione avviene sempre verso la parte posteriore e può andare a compromettere alcune strutture neurologiche a seconda della localizzazione precisa.I sintomi possono essere localizzati sulla zona della schiena colpita o prendere il decorso del nervo e irradiarsi alla parte del corpo corrispondente.

Trattamento: come intervenire sulla protrusione con la fisioterapia

La protrusione è un processo che, se preso in tempo e curato con esercizi specifici, può regredire.
Se in fase acuta si interviene prima con terapie fisiche antinfiammatorie come:

per poi proseguire con trattamenti di terapia manuale che aiutano a sbloccare il comparto muscolo scheletricoed esercizi di ginnastica posturale.
Se ci si trova in una condizione cronica che dura già da diversi mesi, il programma terapeutico prevede da subito:

  • trattamenti osteopatici e di terapia manuale
  • ginnastica posturale
  • esercizi di rinforzo del comparto addominale, lombare, dorsale e gluteo.

Sempre essenziale è effettuare ed insegnare al paziente degli esercizi di postura che consentiranno un mantenimento negli anni ed una regressione della patologia.

Cos'è l'ERNIA DEL DISCO

L'ernia del disco può essere un'evoluzione di una protrusione o una degenerazione dovuta ad un trauma. Le cause sono simili a quelle di una protrusione, ma l'evoluzione è diversa. 

Mentre la protrusione è una degenerazione non definitiva del disco, l'ernia è un'alterazione definitiva da cui non si può tornare indietro. Nell'ernia si instaura un danno anatomico dell'anulus fibroso. Questo viene a rompersi sotto la spinta del nucleo polposo che esce fuori e va a comprimere le strutture nervose.

L'ernia può in parte riassorbirsi essendo composta soprattutto da acqua, ma il danno rimane e non sempre regredisce del tutto.

I sintomi: come si presenta l'Ernia del Disco

Forti dolori di schiena, sintomi neurologici, colpi della strega, desensibilizzazione, perdita di forza e di riflessi. Questi grazie alle terapie possono regredire più o meno rapidamente, ma in caso di perdita di forza, sensibilità e riflessi si valuta la possibilità di fare delle indagine più approfondire e valutare la necessità di un intervento chirurgico.

TRATTAMENTO: come intervenire con le tecniche di Fisioterapia

La terapia può durare diversi mesi e prevede in fase acuta:

Una volta regredito parte del dolore si può intervenire con l’ausilio di:

La pratica di esercizi posturali è, in questo caso, essenziale anche per il mantenimento post trattamenti fisioterapici, del paziente e per un buon riequilibrio della postura.


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Sciatalgia

Stress ossidativo muscolare

Cos'è lo stress ossidativo muscolare

Cerchiamo di spiegare quali sono le cause dello stress ossidativo muscolare e come il nostro fisico cerca di contrastarlo.

Diversi studi hanno analizzato come la contrazione muscolare durante gli esercizi incrementi i livelli dei ROS(reactive oxygen species). Queste molecole reattive hanno diversi effetti negativi come la riduzione della forza e l'aumento dell'atrofia muscolare. La comparsa di queste molecole, allo stesso tempo, consente al nostro corpo di produrre delle sostanze anti-ROS che proteggono il nostro organismo. Queste sono presenti in grandi quantità in chi effettua attività fisica costantemente.

La contrazione costante presente negli sport di endurance porta ad una varietà di risposte fisiologiche e fenotipiche (cambiamento delle caratteristiche morfologiche e funzionali di un organismo). Tra queste risposte si evidenziano: l'attivazione della biogenesi mitocondriale, la modificazione delle fibre muscolari, l'angiogenesi. Queste risposte aumentano la capacità aerobica dei muscoli e la loro resistenza alla fatica.

Come affermato prima, la contrazione muscolare porta alla produzione dei ROS. Tra questi ci sono i radicali liberi:

  • superossidi
  • perossidi
  • radicali idrossilici
  • ossigeno singoletto
  • acido ipocloroso

Questi promuovono le reazioni di ossidazioni, tramite l'aggregazione con altre molecole come proteine, lipidi, DNA, che possono essere dannose. Tuttavia, studi recenti hanno attestato anche una ruolo benefico promuovendo una risposta adattativa del muscolo allo sforzo.

Le fonti dei ROS

Tra le fonti che producono i ROS ne sono stati analizzati alcuni a livello cellulare, attivate da diversi stimoli, come: i mitocondri, nicotinamide adenina, dinucleotide fosfato (NADPH), fosfolipasi A2, xantina ossidasi, lipossigenasi.

Tra le fonti troviamo le lesioni muscolari che portano alla produzione di neutrofili e macrofagi attraverso l'interferone-beta, l'interleuchina-1 ed il fattore di necrosi tumorale (TNF).

Queste cellule immunitarie (neutrofili e macrofagi) causano la produzione di ROS.

Altra fonte è l'esercizio muscolare che producendo catecolammine (adrenalina, noradrenalina, dopamina) determina il rilascio di ROS.

In base alla concentrazione dei ROS, alla durata della loro permanenza ed allo stato di allenamento dell'individuo, gli stessi possono essere benefici o dannosi.

Lo svolgimento di un'unica sessione di allenamento intenso può causare danni ossidativi in un soggetto non allenato, ma non in una persona allenata che ha incrementato la sua resistenza allo stress ossidativo.

L'aumento dei ROS per un allenamento troppo intenso, per fisiologico invecchiamento o per una patologia (cancro, problemi cardiaci o vascolari ecc.) può causare disfunzioni contrattili o atrofia muscolare e sensazioni di stanchezza ed affaticamento.

Gli antiossidanti nel muscolo

Come affermato prima, la liberazione dei ROS comporta una conseguente produzione di molecole antiossidanti che inibiscono i radicali liberi (che sono parte dei ROS).

Tra queste molecole sono stati analizzati una serie di enzimi: manganese superossido dismutasi (Mn-SOD,SOD2), citosolic rame-zinco superossido dismutasi (Cu,Zn-SOD,SOD1), glutatione perossidasi (GPX) e catalasi (CAT), il glutatione antiossidante non enzimatico (GSH).

Il GSH è il più presente nelle cellule col ruolo di eliminare dei metaboliti secondari del processo ossidativo.SOD,CAT e GPX sono invece le difese primarie contro i ROS generati durante l'esercizio fisico.

Oltre agli antiossidanti endogeni, esistono una serie di antiossidanti esogeni assimilati durante l'alimentazione come: vitamina C, E, carotenoidi. Questi possono essere di aiuto per chi svolge una costante ed intensa attività fisica, ma non devono essere assunti in eccesso.

Conclusioni

La contrazione muscolare porta fisiologicamente alla produzione di ROS che possono avere effetti positivi e negativi.

Effetti deleteri come la riduzione della forza muscolare e l'atrofia muscolare possono presentarsi in sforzi eccessivi in soggetti non abituati all'attività fisica, mentre chi effettua attività costante abitua il proprio fisico allo stress ossidativo.

Questa abitudine porta il fisico a produrre delle sostanze antiossidanti che lo difendono dagli effetti negativi dei radicali liberi. Tra le sostanze esistono enzimi endogeni ed esogeni (introdotti dalla nostra alimentazione).



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Traduzione effettuata su un estratto del seguente articolo:Impact of Oxidative Stress on Exercising Skeletal MusclePeter Steinbacher* and Peter EcklMichael Breitenbach, Academic Editor

Fascite plantare

Onde d'urto e fascite plantare

Cosa dicono gli studi scientifici sul trattamento della Fascite Plantare con Le Onde d'Urto

La fascite plantare è uno stato patologico caratterizzato da un processo infiammatorio e degenerativo della fascia plantare. Questa rappresenta il 15-20% di tutte le patologie del piede e nell'80% dei casi si risolve autonomamente entro12 mesi.

La fascite plantare può degenerare portando ad una modificazione del tessuto della fascia plantare che si ossifica creando delle spine calcaneari. Queste sono piccole escrescenze ossee che possono creare ulteriori stadi dolorosi.

La fascite può colpire sia la gente comune, sia gli sportivi che praticano attività con forte impatto sui piedi (come nel salto in lungo) o con gesto ripetitivo come nella corsa.

Il trattamento è quasi sempre conservativo:

  • terapie fisiche,
  • stretching,
  • esercizi terapeutici,
  • infiltrazioni ortesi di supporto.

L'intervento chirurgico viene preso in considerazione solo dopo avere provato varie terapie conservative e dopo almeno 12 mesi.

Terapia per la Fascite Plantare: come curare il disturbo e la causa

Gli studi scientifici (che vi presentiamo) si sono incentrati a valutare gli effetti delle onde d'urto, mettendole in rapporto ad altre terapie come: ultrasuoni, infiltrazioni, onde d'urto ad alta e bassa intensità; analizzando gli effetti sul dolore e sulla funzionalità a 1/3/6/12 mesi.

Teniamo in considerazioni che gli studi si incentravano su applicazioni di onde d'urto 1 volta a settimana per tre settimane, di ultrasuoni 5 volte a settimana per tre settimane e di infiltrazioni 1 sola volta.

Le onde d'urto si sono dimostrate molto utili nel ridurre lo stadio doloroso a breve e lungo tempo.

Anche la capacità funzionale risultava nettamente migliorata sin dall'inizio.

Risultati di miglioramento si sono evidenziati anche con gli ultrasuoni, ma molto più lentamente.

Le infiltrazioni invece riuscivano ad avere subito un netto effetto positivo, ma sul lungo periodo il miglioramento era equiparato alle onde d'urto.

Maggiori informazioni sulla fisioterapia con onde d'urto>


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BIBLIOGRAFIA

Optimized extracorporeal shock-wave therapy improved pain and functioning in chronic plantar fasciitis
Jason Springer, MD; Robert G. Badgett, MD

 Effectiveness and Safety of Shockwave Therapy in Tendinopathies
Vasileios Dedes et al. Mater Sociomed. 2018 Jun.

Complications of Extracorporeal Shockwave Therapy in Plantar Fasciitis: Systematic Review
R L Roerdink et al. Int J Surg. 2017 Oct.

Radial Extra Corporeal Shockwave Therapy Versus Ultrasound Therapy in the Treatment of Plantar Fasciitis
Vasileios Dedes et al. Acta Inform Med. 2019 Mar.

Clinical Effects of Extracorporeal Shock-Wave Therapy and Ultrasound-Guided Local Corticosteroid Injections for Plantar Fasciitis in Adults: A Meta-Analysis of Randomized Controlled Trials
Shuxiang Li et al. Medicine (Baltimore). 2018 Dec.

Magnetic Resonance Imaging and Clinical Outcomes of Laser Therapy, Ultrasound Therapy, and Extracorporeal Shock Wave Therapy for Treatment of Plantar Fasciitis: A Randomized Controlled Trial
Aslihan Ulusoy et al. J Foot Ankle Surg. Jul-Aug 2017.

Comparative Effectiveness of Radial Extracorporeal Shockwave Therapy and Ultrasound-Guided Local Corticosteroid Injection Treatment for Plantar Fasciitis
Sehriban Hocaoglu et al. J Am Podiatr Med Assoc. 2017 May.

Efficacy of Different Energy Levels Used in Focused and Radial Extracorporeal Shockwave Therapy in the Treatment of Plantar Fasciitis: A Meta-Analysis of Randomized Placebo-Controlled Trials
Ying-Chun Wang et al. J Clin Med. 2019.

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